Onomastica romana


Prænomen, nomen e cognomen

Nella Roma arcaica si usava indicare le persone con un solo nome, come nel caso di Romolo e Remo, per fare un esempio. Solo più tardi, verso la fine del V sec. a.C. dopo l’inclusione del popolo dei Sabini, si introdusse il loro sistema di nomen e praenomen solitamente seguiti dall’indicazione di paternità, che consisteva nella parola latina filius spesso abbreviata con una f. e preceduta dal prænomen paterno declinato al genitivo. Un romano quindi poteva essere noto come M. Antonius M. f. (ovvero Marcus Antonius Marci filius); era anche d’uso indicare a volte il nonno con la parola nepos abbreviata in n..

Verso la metà del periodo repubblicano si aggiunse l’indicazione abbreviata della gens (la tribù) di cui la persona faceva parte. Il nome della gens non era indicazione di una comune ascendenza: le tribù erano distribuite geograficamente ed un individuo apparteneva a quella nel territorio della quale si trovava ad abitare. Il fare parte di una o dell’altra gens era componente essenziale della cittadinanza romana: l’esercizio di voto si svolgeva infatti per gruppi tribali. A mano a mano che Roma avanzava nella conquista del territorio il numero delle gens aumentò e il loro nome venne quindi assegnato per suddivisione dei territori di appartenenza.

La menzione della tribù di appartenenza era fondamentale, poiché equivaleva a dichiarare civis romanus sum: solo i cittadini romani potevano essere iscritti in una delle 35 tribù (4 urbane e 31 extraurbane), ovvero in uno dei distretti territoriali in cui era diviso l’impero, e per il quale pagavano le tasse o venivano censiti o chiamati per la leva militare.

Solo nell’età repubblicana (II sec. a.C.) si passò all’uso dei tria nomina. I nomi maschili vennero formati da tre nomi propri che erano: il prænomen (il nome proprio come lo intendiamo oggi), il nomen, equivalente al nostro cognome e che indicava la gens di provenienza e il cognomen, ovvero la famiglia in senso stretto contenuta all’interno della gens.

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Durante l’epoca del principato, divenne comune tra i membri della classe senatoriale ed equestre espandere altri elementi del nome, così che una persona poteva facilmente avere quattro nomi (due derivati dalla gens e due cognomina), di cui alcuni tenevano conto dell’ascendenza femminile della famiglia (il nome della madre o della nonna). Non vi erano regole chiare per questo uso ma l’idea è che fosse stato usato per creare una diversità tra la classe alta e il popolo. Questa abitudine è chiamata poliomonimia e le relazioni di sangue non erano le sole che permettevano di accedere a questi lunghi nomi: le adozioni infatti permisero numerosi casi di poliomonimia.

La ragione principale dell’uso della poliomonimia era dato dai problemi causati dalla adozione testamentaria, per il quale un romano poteva lasciare parte delle sue proprietà a tutti coloro che avessero avuto il nome del donatore tra i suoi tria nomina. Così accadeva di trovare persone col nome formato da prænomem+nomen+cognomen, e di nuovo nomen+cognomen come, per esempio, nel caso di Plinio il Giovane: C. Plinius Caecilius Secondus, natus Cecilius Secundus e adottato dallo zio materno C. Plinius Secundus. Si può quindi vedere come il nome del testamentario appaia come primo e del beneficiario in seconda posizione. Le discendenze erano complicate anche perché queste acquisizioni di nomi potevano essere usate anche fra due amici ed erano comunque complicate dal fatto che a volte nei nomi della classe alta venisse citata anche la linea femminile.

Nella tarda antichità altri cambiamenti furono introdotti. Da un certo punto di vista la cristianità rese popolari nuovi tipi di onomastica, ma questo non significò la scomparsa dei vecchi cognomen. Il Cristianesimo portò alla distruzione del sistema dei tria nomina: il prænomen praticamente scomparve ma anche quello gentilicium iniziò a scomparire tra la maggioranza delle persone e rimase solo ad uso di una ristretta cerchia di aristocratici. La proliferazione di nuovi nomi imperiali, specialmente quello di Aurelio, dovuta alla volontà di estendere la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero nel 212 a.C., contribuì non poco a creare cambiamenti nella società.

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Prænomen

Quando un bambino nasceva gli si attribuiva un prænomen, praticamente l’equivalente del nostro nome di battesimo. Spesso tutti i primogeniti di una stessa famiglia utilizzavano lo stesso prenome. In pubblico, solitamente il prænomen non veniva adoperato ed era destinato all’uso famigliare e confidenziale tanto che nell’uso scritto veniva indicato con la sola lettera iniziale. I prænomen in uso nell’antica Roma erano scarsi: Marcus, Gaius, Titus, Publius e Lucius erano i principali. Altri prenomina usati erano Primus, Secundus, Tertius, Quintus, Sextus, Septimus, Octavius, e Decimus che avevano l’ovvio significato dei numeri ordinali e probabilmente in origine assegnati all’ordine avuto nella nascita, prassi che venne poi ripresa in Italia sotto il fascismo.

Nomen

Il nomen indicava i componenti di una gens, ovvero i discendenti dagli stessi antenati. Era solitamente espresso con un aggettivo terminante in –ius, che indicava l’appartenenza ad una famiglia: Marcus Iulius significava Marco degli Iulii. Serviva anche a individuare la posizione sociale poiché faceva riferimento all’antichità della famiglia: inizialmente le gens romane non erano molte: le più famose erano la gens Iulia, la gens Cornelia, la gens Claudia, la gens Cassia, la gens Sempronia, la gens Domitia, la gens Valeria e la gens Fabia. Le cose divennero più complicate con l’ingresso nella cittadinanza romana di persone e famiglie che venivano da tradizioni diverse, come i Galli, o anche gli schiavi liberati, che non avevano alcuna gens di riferimento e quindi finivano con l’acquisire il nomen del loro vecchio proprietario.

Cognomen

Infine vi era un soprannome — detto cognomen — aggiunto al nomen gentilizio, che veniva destinato non dalla nascita, ma per particolari caratteristiche fisiche o caratteriali, o legato ad un avvenimento particolare. Veniva assegnato per distinguere ulteriormente le persone considerando la scarsa varietà dei nomi all’interno della medesima gens. L’uso del cognomen, infatti, venne introdotto molto tardi, all’incirca intorno al 100 a.C. Essendo un elemento che distingueva un personaggio è poi il nome col quale noi conosciamo gli antichi romani più celebri. Inizialmente era individuale e poteva essere un nomignolo popolare: Lentulus viene da lenticchia, Cicerone da cece, Lepidus da scherzoso. Divenne poi ereditario e servì a distinguere i vari rami di una medesima gens: come per esempio i Cornelii Cathegi dai Cornelii Scipiones.

Coriolano, per esempio, si chiamava in realtà Gneo Marcio e prese quel nome essendo stato uno dei fautori della presa di Corioli.

A causa della confusione in genere dovuta alla ripetizione dei nomi, vennero poi creati i supernomina, altro tipo di soprannome aggiuntivo che distingueva gli individui che avevano nomi simili. Publio Cornelio Scipione l’Africano ne è un esempio. I supernomen si dividevano in agnomen e signa, a seconda se si trattasse di appartenenti alla classe aristocratica o a quella plebea. In questo ultimo caso venivano costruiti usando la parola signo più il genitivo del soprannome, mentre nel caso degli aristocratici l’agnomen terminava con la desinenza –ius.

Il cognomen veniva trasmesso di padre in figlio, finendo così per distinguere la famiglia tutta: per esempio Caligola era un cognomen che venne dato al terzo imperatore romano Gaio Giulio Cesare Germanico, poiché quest’ultimo in giovane età aveva l’abitudine di girare sempre con i sandali militari, detti caligæ. Marco Tullio Cicerone si chiamava così per il soprannome dato ad un suo antenato a causa di escrescenze sul viso simili a ceci detti in latino cicer.

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Nomi a seconda delle categorie sociali


tria nomina (duo nomina per le donne) M. Tullius Cicero
Caecilia Metella
Cittadino romano con tria (duo) nomina in un contesto ufficiale M. Tullius M(arci) f(ilius) Cor(nelia) Cicero Caecilia Q(uinti) f(ilia) Metella Caecilia Crassi (uxor)
Individuo con nome singolo Felix
Hermione
Schiavi Felix M(arci) s(ervus)
Eutychus M(arci) Tulli (servus)
Liberati (ex schiavi) M. Tullius M(arci) l(ibertus) Tiro
Tullia M(arci) lib(erta) Fortunata
Romani con un agnomen o un signum chiaramente distinguibili Atilia Tyche quae et Athenais
Valeria Attica signo Amantia
Adozioni: il figlio di un Aemilius adottato da un Cornelius P. Cornelius Scipio Aemilianus
Cittadino romano con polinome e membro dell’elite imperiale Q. Pompeius
Q.f. Quir(ina) Senecio Roscius Murena Coelius Sex. Iulius Frontinus Silius Decianus C. Iulius Eurycles Herculaneus L. Vibullius Pius Augustanus Alpinus Bellicius Sollers Iulius Aper Ducenius Proculus Rutilianus Rufinus Silius Valens Valerius Niger Cl(audius) Fuscus Saxa Amyntianus
Sosius Priscus meglio conosciuto come Q. Pompeius Sosius Priscus consul
Abitante della provincia cui era stata concessa la cittadinanza romana M. Valerius Bostaris f. Gal(eria) Severus
Romano con un solo nome della Tarda Antichità Quodvultdeus (voluto da Dio)